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Theatre/Theater L.A.: Orpheus Descending


14 Febbraio 2010


di: Cyber
Fonte: imdb.com
Tradotto da: Robin
Redatto da: Marcy

Con un po’ di fortuna Sue troverà il tempo di scrivere le sue esperienze ma ho pensato che avrei postato una recensione personale dell’esibizione mattutina di domenica che si è svolta, abbastanza appropriatamente, proprio il giorno di San Valentino. La sala era piena, hanno dovuto rimediare delle sedie extra, e sono stata contenta di vedere che non c’erano molti disertori alla fine dello spettacolo. Dal momento che io stessa ho abbandonato delle recite durante l’intervallo, sono sempre curiosa di appurare quante persone resistano fino alla fine di un dramma lungo. Detto ciò, non sono sembrate tre ore o più (includendo i due intervalli). Semmai, sono sembrate troppo brevi.

Volevo che gli attori rallentassero in qualche scena e dessero a sé stessi e al testo un’opportunità per respirare. Inoltre, ho sempre avuto un problema con il terzo atto; sembra incompleto e troppo corto, considerando quanto succede prima.

E’ d’obbligo premettere che Tennessee Williams non è stato mai uno dei miei drammaturghi preferiti. La mia formazione è sul teatro, ho una laurea in scrittura teatrale, così ho letto e visto tantissimi lavori. Sono anche del sud, il che significa che ho una marea di rapporti di amore/odio con gli scrittori della mia terra. Il mio problema con Williams sono state sempre le sue tendenze al melodramma e all’isteria. I suoi personaggi femminili, in particolare, possono risultare striduli ed isterici in maniera sproporzionata rispetto alla situazione. Aggiungete il realismo poetico e il tema del mito, in questo caso, ed avete una ricetta per un potenziale disastro teatrale. Uno dei tranelli del mettere in scena i lavori di Tennessee Williams è che gli attori si ‘atteggiano’ ad ‘abitanti del sud’, oppure tentano di dare colore al dramma aggiungendo poesie, invece di seguire fedelmente il testo. E’ lo stesso con la farsa: non si può ricoprire il testo con uno stile di recitazione goffo. Bisogna fidarsi del testo, recitarlo così com’è, e la farsa o, in questo caso, la poesia, sono generate dal momento. Ci vuole uno speciale tipo d’attore per non soccombere all’impulso di enfatizzare troppo l’interpretazione. Il signor Harold è di sicuro quel tipo speciale di attore.

La sua performance è stata sottile e il suo accento era esatto. Ho potuto sentire reminescenze di Elvis nel suo modo di parlare, più da zona nord-est del Mississippi che del nord della Louisiana (sono rispettivamente la sponda est ed ovest del fiume Mississippi, ndt), ma era coerente. Il suo Val era come un animale selvaggio, sempre ad osservare gli altri con circospezione, apparentemente pronto a dileguarsi in ogni momento. Guardarlo muoversi sul palco era come guardare un atleta sul campo, molto aggraziato, molto consapevole della sua presenza fisica. Era un pazzo savio, un bambino nato libero, e ha stregato tutti senza neanche provarci. Persino la sua andatura sembrava naturale e rilassata. Era difficile togliergli gli occhi di dosso. Mi sono ritrovata ad osservare le sue reazioni agli altri attori sul palco. Non che volesse mettere in ombra nessuno, solo che la sua concentrazione e il suo calarsi nel personaggio erano così completi che la scena poteva essere valutata dalle sue reazioni. Come attore è un grande ascoltatore. Non ho mai avuto la sensazione che stesse giusto aspettando il momento di recitare le sue battute. Lo si vedeva ascoltare gli altri, e poi rispondere. Potevi vedere Val che si sforzava di capire, si sforzava di comunicare, di dover trovare le parole per esprimere sé stesso quando in passato avrebbe potuto usare mezzi fisici. Addirittura nel dramma lui dice che era solito pensare di poter conoscere le persone toccandole, ed ora doveva familiarizzare con loro attraverso altri mezzi, ed era visibile che si sforzava nel farlo. Era infatti uno strano conversatore perché non era abituato a parlare con le persone. Ma anche se si affannava con le parole, il suo corpo sembrava trovare quelle giuste. Guardarlo tenere le mani di Vee o accarezzare il collo di Lady era come guardarlo comunicare. E, tuttavia, quei momenti di comunicazione qualche volta erano mal interpretati. Penso a tutti quegli anni passati a recitare Brian Kinney abbiano ripagato in questo: come Brian, Val non era molto bravo con le parole, era a volte più bravo a mostrare che a parlare e così, Gale sa come comunicare senza parole, solo con il minimo gesto.

Alcune dei momenti più belli nella rappresentazione sono stati quelli in cui lui cantava. Altri l’hanno già detto, ma ripeterlo giova, ha una bella voce. E’ stato davvero sorprendente quanto fosse incantevole. Leggera, dolce e un po’ roca. Anche a me ha ricordato Chet Baker e subito dopo ho continuato a sentire questa canzone nella testa, ed è venuto fuori che era una canzone dell’album natalizio di Sting, “Lullaby to an Anxious Child”. Gale avrebbe assolutamente potuto rendere giustizia a quella canzone, dal momento che anche nel suonare la chitarra è piuttosto abile. Quest’uomo è pieno di sorprese.

Altri dei miei momenti preferiti erano quelli quando qualcuno lo metteva alle strette. Quando Carol gli tiene testa nel primo atto e lui la respinge prima di cantare “Heavenly Grass” per la prima volta; o quando lei discute con lui nel secondo atto e lui getta a terra l’orologio; quando Lady tenta di trattenerlo in città aggrappandosi alla sua chitarra; quando lo Sceriffo e gli uomini della città lo accerchiano nel negozio. Si può percepire la paura nei suoi occhi, l’istinto di lotta o di fuga che scalpitano. Nonostante Gale fosse più alto di qualsiasi altro uomo sul palco, la paura del personaggio di essere danneggiato fisicamente era palpabile. Era decisamente un amante, non un combattente.

Finchè è durata, la produzione è stata interamente di successo? No, ma i problemi riscontrati sono per la maggior parte problemi del testo. Williams ha provato ad includere molto del mito di Orfeo e non c’è riuscito completamente. Alcune idee emergono in maniera più chiara di altre. Non so se io mi sia bevuta completamente la storia d’amore nell’opera e se abbia nulla a che fare con qualsiasi mancanza di feeling tra Gale e Denise. Non credo che il testo sviluppi a pieno la storia d’amore. Ho visto un’altra versione del mito di Orfeo su palco, “Eurydice” di Sarah Ruhl, e non ho creduto alla storia d’amore inclusa neanche per un momento. Per niente. Penso che i drammaturghi qualche volta usino i miti come un modo per liberarsi dal compito gravoso di sviluppare i personaggi o la trama. Una volta che si pianta l’idea di Orfeo ed Euridice nella testa degli spettatori, è abbastanza? Non credo. Ritengo davvero che l”Orpheus Descending” faccia un lavoro migliore nell’esplorare le relazioni, ma solo all’inizio. Ho creduto che l’uno stravedesse per l’altro e che Val fosse intrigato da Lady e viceversa. Non sono stata convinta dalla dichiarazione d’amore di Val per Lady nell’ultima scena. Volevo esserlo, perché Gale voleva a sua volta che credessimo che Val amasse Lady, ma l’opera stessa non ha aiutato a sufficienza a convincermi di quell’amore. Per quanto riguarda Lady, non ho mai pensato che amasse veramente Val, non nel modo in cui ha amato David Cutrere. Ma non ero sul serio obbligata a credere nel suo amore per lui, dal momento che non credo fosse il punto cruciale del lavoro. Sia Carol che Lady volevano qualcosa da Val ma lui non poteva darla. Hanno sentito nella sua canzone quello che volevano sentire, sia che ci fosse veramente o meno. Le due donne hanno rappresentato entrambi gli aspetti di Euridice, allo stesso modo di Vee. E così Val ha risposto ad ognuna di loro in determinati modi. Nessuna delle donne avrebbe potuto soddisfarlo a pieno individualmente. Credo sia il motivo per cui io abbia mangiato la foglia riguardo alla dichiarazione. Allora, ancora una volta, forse quello era il punto che il dramma stava cercando di ricreare, il fatto che Val volesse amarla davvero ma non avesse realizzato che non poteva perché lei non era abbastanza. Lui parla prima di questa scena nell’opera dell’amore, che è la finta risposta alla domanda che lui si è posto per tutta la vita.

Sfortunatamente, in Lady lui ha trovato un’altra finta risposta, ma questa volta pensava che fosse autentica.

Ad ogni modo, basta con il mio divagare sull’opera. Sapete chi è il drammaturgo,potremmo parlare del testo all’infinito. *lol* Devo aggiungere che adesso che l’ho visto in “Orpheus Descending” e che ha già interpretato “Suddenly Last Summer”, mi piacerebbe vedere cosa potrebbe fare Gale con uno dei lavori più conosciuti e meglio accolti di Williams, “Cat on a Tiny Roof” (la ‘Gatta sul tetto che scotta’, ndt), oppure “Streetcar” (aka “ A Streetcar named Desire” – ‘Un Tram chiamato Desiderio’, ndt). Certamente, lui non vorrebbe essere scritturato sempre per la stessa parte, ma vorrei tanto vedere cosa proporrebbe per i personaggi di Brick o Stanley. Nella stessa maniera in cui mi sono piaciuti Paul Newman e Brando in questi ruoli, penso ci sia una vulnerabilità che Gale lascia mostrarsi nelle sue performance, adatta alla rappresentazione di uomini intrappolati dalle circostanze.

Alcuni degli altri attori sono stati frettolosi durante le scene, hanno affrettato le battute, ma Gale ha lasciato respirare il testo, ha lasciato che il personaggio di Val respirasse sulla scena. Ho amato il modo in cui lui lasciasse passare qualche battito o due, così come farebbe una persona vera, prima di rispondere, qualche volta. E’ in momenti come questo che ha lasciato intendere chi fosse Val, notare la sua lotta per la sopravvivenza; più di quello che diceva, è come lo diceva.



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